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View In My Room
Canvas
16 x 20 in ($120)
Black Canvas
No Frame
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Print, Giclee on Canvas
Open Edition
16 W x 20 H x 1.25 D in
Yes
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Black Canvas
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Quanto mai singolare e bizzarra è l’impressione che si prova di fronte alle opere del giovane pittore calabrese Roberto Paini. Subito ci si accorge di non trovarsi a fronte d’un trito esempio di neo-espressionismo granguignolesco e feticista, così di moda oggi, che assai spesso si limita a corteggiare l’estetica consumisticamente morbosa di fumetti e film d’orrore. Com’è lampante non trattarsi neppure di un fine gioco linguistico baconiano in cui difformità e lacerazioni risiedono unicamente nell’universo percettivo del soggetto. No. Paini non stravolge, non stupra il linguaggio. Paini è un pittore naturalista: egli ritrae qualcosa di oggettivo. Ma cosa? Osservando i suoi corpi straziati, lividi, estenuati, appare evidente che essi rappresentano la vita organica del mondo, coi suoi molteplici contrasti e mutamenti, una vita che l’artista suggerisce essere edificata con la materia stessa della morte. Non sono, perciò, morti viventi, né tanto meno dei vivi agonizzanti quelli che Paini ospita sulla tela, ma esseri che amano, lottano, giocano, convivono, nel pieno rigoglio della vita, un rigoglio di proliferazioni cancerose, lebbra e disfacimento: l’acquarello d’un gaio presepe materiato in carne frolla. E ciò non si limita soltanto ai corpi organici: cieli, seggiole, nuvole, fiori: tutto partecipa al convulso girotondo di questa natura corrotta e vivace. Matura a questo punto l’impressione che l’artista abbia intuito che il Signore, nel dì della creazione, chissà per quale cosmico disguido, disponesse soltanto di materia marcescente e si sia trovato costretto a insufflare la vita in un puzzle di detriti assemblati alla meno peggio. Ma forse Paini si spinge ancor più in là suggerendo che in tali faccende il Padreterno non centri per nulla: superna entità di già spacciata, costretta a negarsi perché il basso mondo scalpitante potesse germinare, non schiuse le Sue labbra divine (ormai murate) a proferire il Verbo e a far le cose: ciò è da ascriversi piuttosto alla cieca volontà di forze necessarie che imbastirono il creato nientemeno che con tocchi, grumi e sanie del dio morto. Articolo di Matteo Capogna: Scrittore, critico letterario e critico d’arte.
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